Tita
Piaz -
Mezzo secolo d'alpinismo
Introduzione
Uno dei beni più preziosi che l'alpinismo regali all'uomo, oltre
la comprensione e il godimento spirituale delle meraviglie della
creazione, è la possibilità di scendere l'abisso fatale, ove piomba
silenzioso il nero fiume degli anni, travolgente uomini e cose, di
afferrare a piene mani lucenti fasci di ricordi, risalire alla luce
del sole, e rivivere in un santo cantuccio dell'anima quei giorni
lontani, divinamente splendenti di sconfitte feconde e di vittorie.
E' un fatto che, ordinariamente, la parte spiacevole d'una escursione,
sotto l'opera benefica del tempo, impallidisce e quasi si cancella,
per non lasciar posto che a rimembranze fulgenti; così sarei quasi
tentato di affermare che tale possibilità retrospettiva è, se non
l'unico, certo il maggior bene che ne risulta, perché non è effimero
come tutto il resto.
Tale giudizio, che porta un indiscutibile marchio di scetticismo,
è il frutto di una lunga serie di disinganni e di esperienze, che,
come buoni angeli custodi, mi presero per mano ed, attraverso gli
anno, mi condussero al crogiolo degli ideali di una esuberante gioventù,
ove viene effettuata la selezione dei valori positivi da quelli effimeri
e fittizi, e dove anche le ombre hanno il loro posto.
Anche per me, come per la maggior parte degli alpinisti, vi fu un
tempo in cui consideravo la montagna, e tutto ciò che in essa vive,
beltà e poesia; anch'io ero abituato a giudicare l'alpinista, se
non un angelo autentico o un piccolo Dio, per lo meno un portento
sociale, un essere d'una classe indubbiamente superiore.
Oggi purtroppo, dopo essermi purificato nel crogiolo suddetto, ed
aver attraversato a tentoni il labirinto di tutti i disinganni, di
quel passato radioso più non serbo che il rimpianto.
Pure talvolta, in un'ora di raccoglimento, nella solitudine dell'anima
stanca, rivangando il passato, vedo che, attraverso lo scorrere degli
anni, lento e inesorabile come il fato, nel santuario dei miei antichi
ideali quasi tutte le faci si sono spente, e più non rimane che il
severo fantasma della realtà e la rigida prosa della vita.
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